mercoledì 21 agosto 2019

Saper dire "Grazie"


Grazie, ho bisogno di dire grazie, dopo lo sfogo.
Alle persone che incontro e che vivo da un paio di mesi a questa parte.
Che condividono con me il lavoro, gli svaghi, i pensieri.
Che si infilano in dissertazioni assurde, davanti ad una birra ed un buffet, riempiendomi la testa di emozioni.
Che si impolverano per farmi le foto sulle ghiaiose rive del Po con una moto nuova.
Che si confidano e si raccontano, e alle quali mi confido e racconto, con una sincerità spontanea e sorprendente.
Che stentano sulle piste di latino americano insieme a me, restituendomi il medesimo mio abbraccio goffo.
Che comprano una moto da me semplicemente fidandosi delle foto che gli invio e della mia voce al telefono.
Che mi vendono una moto che mi ritrasforma in un pilotino, dandomi in mano i documenti ancora da trapassare.
Che mi prestano un furgone se gli metto la benzina.
Che affettano pane salame e focaccia in compagnia.
Che mi concedono il loro cuore, anche solo per una notte.

Grazie.


For the love of God - Steve Vai

Il quesito della Susi dei rapporti umani

E' un po' di tempo che sto uscendo per conoscere donne, sempre una per volta, sempre con una certa idea a mente.

Non si tratta di relazioni, perché non si arriva mai a concludere, soprattutto perché non accetto più di concludere per fare ginnastica ritmica, da camera o in esterni.
Vorrei viceversa trovare qualcuno che mi dia il piacere di sentirla dormire accanto, per un po' se non proprio per il resto della mia vita.
Vorrei insomma trovare quella che mia nonna definirebbe una "ragazza seria", genere in via d'estinzione.
Mi capita infatti di incrociare diversi esemplari umani di genere femminile con i quali diventa difficile interagire scientemente.
Per carità, questa è una visione di parte, la mia parte, ma ci mancherebbe che in un rapporto umano che mi coinvolge direttamente non conti qualcosa il mio punto di vista.
Andiamo quindi con gli episodi visti dalla luce dei miei occhi per poi chiedere alla Susi della Settimana enigmistica di mettere un po' di chiarezza su come mi piacerebbe un rapporto umano con il genere femminile.

Ragazza A (Adele)

Ci frequentiamo subito da soli, dopo esserci conosciuti ad una cena quasi en-passant.
Ha un bel dialogo, interessante perché a volte ironica e pungente, ed in sella alla moto non si lamenta mai.
In un'altra occasione andiamo ad una manifestazione di degustazione vini, e ci andiamo in treno.
Ottima idea par parlottare un bel po'.
A volte, anche per stanarla dal punto di vista caratteriale, la critico velatamente, ed intravedo infatti una certa fragilità.
Dopo esserci visti, e sempre restando "dalla mia parte del sedile dell'auto" per intenderci, difficilmente richiama o manda un messaggio.
E' vero che lavora in giro in macchina, come il sottoscritto, ma se una persona ti interessa manifesti un minimo di contiguità, o almeno rispondi ai messaggi.
Una volta la invito ad una pizza, non mi risponde.
Capita di nuovo una cena comune, mi offro di andare insieme, accetta, al tavolo nei discorsi faccio un pubblico complimento (nulla di impegnativo o personale, solo in relazione al modo positivo di fare la passeggera in moto) e scoppia a piangere scappando in bagno.
Quando torna le chiedo scusa, sapendo che comunque non ho fatto nulla.
Niente, niente....
Non ci siamo più sentiti, salvo che a distanza di quattro mesi mi punge con un commento su Facebook.

Ragazza B (Berenice)

Usciamo una volta a cena, parla tutta sera solo lei, solo di ex fidanzati e passate convivenze.
La seconda volta è un veloce aperitivo, comincia con gli psicofarmaci e le minacciate crisi depressive.
Grazie.

Ragazza C (Caterina)

Ci incontriamo per un panino, come detto io giro per  lavoro e spesso in pausa pranzo sono fuori casa, per cui capita l'opportunità di pranzare in compagnia.
Il dialogo è improntato sul tumore del suo ex compagno, che per orgoglio di non farsi vedere mancare le forze in presenza di lei, la lascia prima di decadere fisicamente.
La cosa mi ha colpito molto, perché è ben lungi da essere uno scherzo o una superficializzazione, si vede che il dolore è concreto, reale, e non sanabile.
E mi spiace che quest'uomo abbia scelto l'orgoglio della morte in isolamento piuttosto che condividere l'amore fino all'ultimo momento di respiro.
Sono scelte difficili, che ognuno compie nel segreto del proprio cuore.
Però io in una cosa così non c'entro niente.

Ragazza D (Desirèe)

Ci conosciamo tramite una compagnia di calcetto, quindi di vista ci conoscevamo da prima, anzi, all'inizio ci vediamo io lei ed una sua amica.
Per andare a pranzo non serve essere in due in fondo.
Cominciamo ad entrare in discorsi, scopriamo di avere una certa ironia comune, una certa facilità di dialogo, sveltezza di parola, scherzo immediato.
Andiamo avanti a parlare per un bel po', sia per messaggio che per telefono.
Causa la distanza non infatti facile vedersi tutte le settimane.
Ad un certo punto le dico che mi piace.
Non glielo faccio capire, non mando mezzi messaggi, ammiccamenti, sorrisini.
La prendo papale papale e le dico che mi piace.
Bene, tracheggia per una settimana abbondante, ma non rinuncia a chiacchierare al telefono amabilmente di questo cazzo e di quell'altro, sempre però senza entrare nell'argomento di cui sopra.
Dovremmo vederci di domenica, alle undici della domenica stessa disdice via SMS.
Non si fa' vedere nè sentire per tutta la settimana seguente.
Al ché la chiamo io, e siamo a venerdì.
Segreteria telefonica.
Richiama lei, ma sto cantando e non la sento.
Andiamo avanti a inseguirci per un paio di giorni, tra segreterie telefoniche e non risposte.
Poi scopro che stava trescando con un altro della compagnia di calcetto.
Ma dirlo no?

Ragazza E (Euridice)

Mi abborda al bancone del Pub dove canto Karaoke.
Si, mi abborda lei.
E non è che mi capita tutti i giorni di essere abbordato, non mi chiamo George (e non offro caffè su terrazze metropolitane).
Mi offre da bere, mi sequestra per una chiacchiera di tre quarti d'ora, mi chiede consigli professionali (informatici e altro) mi chiede numero etc, poi passo a trovarla in negozio, sempre in ambito professionale.
Mi tocca, mi accarezza le spalle, tutta ossequiosa e mielosa.
E' tra l'altro una magnifica donna mia coetanea, evidentemente benestante (a giudicar dal negozio e dall'abbigliamento) dalla parola gradevole e fluente.
Mi dà solo fastidio tutta questa confidenza che io non ricambio, perché mi irrita sbavarle addosso paciugandola allo stesso modo.
Dopo qualche giorno le chiedo se le va di uscire a cena.
"Il mio compagno non approverebbe".
Ah, invece approva che tu vada a rimorchiare nei bar?

Ragazza F (Felsinea)

Ci conosciamo ad una cena comune, e per sua dichiarazione sta uscendo con un ragazzo, si stanno conoscendo.
Per me le parole hanno un significato, magari passerò per ottuso, ma quello per me significa, "lasciami stare".
Eppure qualcosa ha vibrato, in me sicuramente, credo anche in lei.
Passano un paio di settimane e propongo un caffè, che poi non si realizza.
Poi un altro mese, quando l'occasione di un commento si Facebook mi fà mandare il messaggio che ci permette di uscire a cena.
Lei dichiara di aver smesso di frequentarsi con quella persona, perché lui andava troppo di fretta.
Che quasi tutti gli uomini che incontra hanno solo una gran fretta di concludere.
Caspita, che sia la ragazza giusta?
Che abbia davvero voglia anche lei di conoscermi prima caratterialmente e solo dopo carnalmente?
Fatto sta che passiamo un sabato sera magnifico, denso e pregno di parole, null'altro che parole.
Torniamo a casa alle tre del mattino, dopo aver giricchiato Milano dolcemente in macchina, raccontandoci e confrontandoci.
Domenica non mi parla.
Lunedì chiamo per augurare buona settimana, vengo accolto da un freddo siberiano, un messaggino stiracchiato la sera, e silenzio tombale il giorno seguente.
La chiamo martedì sera e mi dice che sta uscendo anche con un altro.
Intanto un credito di sincerità, in fondo mi ha tenuto sospeso solo tre giorni, però poteva pure dirlo sabato....

Mi fermo alla lettera F, credo possa bastare, anche se gli esempi potrebbero proseguire.

Facciamo un po' di autocritica.
Io ho un modo strano di relazionarmi.
Non temo di dire ciò che penso, e questo imbarazza o infastidisce.
Nella migliore delle ipotesi mette dubbio.
Non siamo più abituati a dirci le cose in faccia, a essere sinceri, onesti.
Per questo dire ad una persona che vuoi tempo per conoscerla ti fa bollare come indeciso, noioso, antico.
Non siamo più neppure abituati a dare attenzione alla persona che abbiamo davanti, ed io stesso ne ho parziale colpa, che mi perdo tra i pensieri e i problemi e fatico a dedicare ascolto.
Ma almeno non per malizia.

Però credo sia bello, diretto, onesto, dire mi piaci.
Non implica assolutamente un obbligo a proseguire, quel mi piaci.
Implica solo che tu mi dica se io ti piaccio o no.
Perché se hai deciso di passare del tempo con me, una sera o più sere che siano, parto dal presupposto che un minimo di interesse tu ce l'abbia, verso di me.
Curiosità, noia o semplice vezzo di impegnare il tempo, ma Santo Cielo che ci esci a fare con me e altri tre in contemporanea?
Ginnastica ritmica?

Il quesito alla Susi
Cara ragazza che di solito triti le frasi della Settimana Enigmistica, mi insegni come si fa a trovare una ragazza seria?
Sono capace di fare il giullare, di cantare e di andare in moto, scrivo in italiano (che forse è una rarità, anche se non sono il Manzoni), ma voglio trovare una persona che voglia costruire una relazione seria.
Magari non per il resto degli anni della mia vita, ma almeno più lunga che un fugace rimbalzo tra le lenzuola.
Magari non che mi sopporti in tutti i miei difetti, ma che ne assorba almeno qualcuno, così come farò io di alcuni suoi.
Magari che non sia completamente senza nevrosi, ma anche che non ne sia soffocata.
Insomma, non cerco la perfezione, cerco l'onestà.
E forse è anche più difficile.

mercoledì 21 maggio 2014

Sliding doors (Capitano, mio Capitano...)

Ci sono momenti strani in questo percorso non lineare che è la vita.
Ti si rompe un regolatore di tensione e resti a piedi.
Sei in una città straniera, anche se parlano la tua lingua.
Hai da cavartela, come sempre, ma chiedi aiuto, un aiuto morale, un aiuto ipotetico, un piccolo sostegno.
Che a volte non arriva.
Altre volte ti coglie di sorpresa vedere che qualcuno, con un semplice PC davanti, pur non cavandoti direttamente dai guai, è capace di starti dietro, darti le indicazioni giuste.

In questi momenti devi solo essere aperto agli avvenimenti, saper cogliere l'attimo.

“Oh! Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto,
La nostra nave ha resistito ogni tempesta: abbiamo conseguito il premio desiderato.


Spesso ho viaggiato da solo, spesso in sella a una moto, spesso con la sensazione che il mio mondo fosse quel manubrio e quelle ruote.
La mia “nave” terrestre.
Qualche tempesta in vita mia l'ho assaggiata, qualche altra mi è andata giù di traverso.
In altre situazioni ho parlato di “codirezione”, perché anche se stringi forte il manubrio non sempre vai dove vorresti.
Arrivano folate di vento, grandine, una buca inaspettata.

Si cade.

Ci si rialza.

Però lo sai che alla fine qualcosa si muove, qualcosa che genera stabilità, sicurezza, confidenza.

E' in questi momenti che mi rendo conto della bellezza della vita, della sua intensità.
Quando vengo investito da un mondo emozionale inaspettato, quando fino a poco prima ero vuoto, solo, dimenticato in un hotel.


“E ora, miei adorati, imparerete di nuovo a pensare con la vostra testa. Imparerete ad assaporare parole e linguaggio. Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo. Quello sguardo negli occhi di Pitts dice che la letteratura dell'Ottocento non c'entra con le facoltà di economia e di medicina, vero? Può darsi. E lei Hopkins è d'accordo con lui e pensa: "E si, dovremmo semplicemente studiare il professor Prichard, imparare rima e metrica, e preoccuparci di coltivare altre ambizioni." Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. Citando Walt Whitman, «O me o vita, domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. Che v'è di nuovo in tutto questo, o me o vita? Risposta. Che tu sei qui, che la vita esiste, e l'identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso.» Quale sarà il tuo verso?”

L'attimo fuggente, il mio attimo fuggente.

Il mio momento di recitare un verso nella poesia del mondo, nel potente spettacolo che a volte ci stritola, e a volte ci culla.
L'attimo fuggente è stato accendere a spinta dopo aver sostituito il regolatore di tensione, non rinunciare a conoscersi, non rinunciare a passare del tempo insieme.
Ed è stato cominciare a scrivere una pagina nuova.
Tremendamente fitta, le parole che scorrono sotto le dita come un fiume, i pensieri che si attorcigliano, e a volte addirittura soffocano.

E pace, feeling home, sentirsi a casa.

Perché parole e idee possono cambiare il mondo.

Citando i concetti di Sabrina in Up and Down, a coloro che ancora vagolano tra le onde di questo agitato mare, che ancora non hanno superato la loro tempesta, non ho altri consigli da elargire.
Non ho pastiglie di energia, fiducia in se stessi, convinzione, senso di giustizia o pulizia interiore.
Se avessi avuto scorte di queste pastiglie le avrei già consumate, e non tacciatemi di egoismo, per me stesso.
Perché i miei down sono stati parecchio giù.
Quello che posso dire è che non lo sappiamo quando la vita ci gira la pagina, ma che solo cercando di lottare ci faremo trovare pronti.
Solo scavando in noi stessi le nostre capacità, energie, volontà, avremo la mano pronta per cogliere l'attimo.